Il Terzo Settore e la Regione Lazio

Un anno di pandemia ha modificato il nostro stile di vita ma a modificarsi sono state soprattutto le nostre esigenze, i nostri bisogni e le priorità. Di ciò si è discusso nella conferenza streaming avvenuta dalla Sala Tevere della Regione Lazio, alla cui visione sono state invitate anche le associazioni di volontariato e di promozione sociale, voluta da Alessandra Troncarelli, Assessore alla politiche sociali , beni comuni e ASP Regione.

Alla vigilia della programmazione 2021/27,attraverso la quale l’UE metterà a disposizione 330 miliardi di euro per il finanziamento di progetti regionali e locali per la riduzione delle disparità economiche, stimolare le ripresa dalla pandemia e sostenere le transizioni green e digitale, la grande domanda è se sia possibile ancora continuare a programmare e progettare sulla base dello stesso sistema che ci ha portati fin qui o se c’è bisogno di scelte coraggiose, di una coesione con tutti gli attori scesi in campo a livello sociale, per immaginare, ripensare un nuovo modello che come punto centrale abbia la persona e le sue nuove esigenze. In breve il vecchio sistema ha fallito ed ora abbiamo bisogno di ricostruire dalle macerie. Ed è proprio qui che il Terzo Settore è chiamato per la prima volta a fare la sua parte essendo finalmente riconosciuto come valido partner, insieme ai sindacati, alle cooperative, all’ ANCI e ai rappresentati delle Pubbliche Amministrazioni.

A sancire al sua validità sono arrivati legittimi strumenti: il nuovo Codice del Terzo Settore, con l’inserimento dell’art. 55, che legifera su come le Pubbliche Amministrazioni debbano individuare Enti del Terzo Settore con cui attivare il partenariato mediante forme di accreditamento nel rispetto della trasparenza ed imparzialità, partecipazione e parità di trattamento. La Pubblica Amministrazione deve specificare gli obiettivi generali e specifici degli interventi da realizzare, la durata e la caratteristica, particolarità che sono essenziali per poter operare la scelta dell’Ente partner adatto alla co –programmazione ( l’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi e della modalità di realizzazione e delle risorse disponibili ) e la co – progettazione ( la definizione ed eventuale realizzazione dei progetti basati su quei bisogni ) . Il protocollo per l’applicazione dell’art. 48 del Decreto Cura Italia, sottoscritto da Regione Lazio, ANCI Lazio, Forum del Terzo Settore Lazio, Legacoopsociale Lazio, Confcooperative Federsolidarietà Lazio, AGCI Lazio, CNC, CGIL CISL e UIL per riattivare i servizi sociali ed educativi ad oggi sospesi. Sempre dal Codice del Terzo Settore, l’art. 72 stabilisce che il Fondo istituito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, previsto dall’art 9, comma 1, lettera g) della legge 6 giugno 2016 n.106, possa essere destinato a sostenere attraverso le reti associative lo svolgimento delle attività e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale fondazioni del Terzo Settore iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Strumenti per ideare e strumenti per concretizzare. Infine, il neo costituito Consiglio Regionale del Terzo Settore e le linee guida danno finalmente corpo e struttura all’importanza del Terzo Settore. In cosa il Terzo Settore sarebbe di essenziale aiuto? Dalla conferenza si apprende che un obiettivo della Regione Lazio, che punta a diventare un modello da ripetersi in altre regioni, è quello di trasformare i luoghi in “luoghi di cura della persona”, un benessere inteso come Ben-Vivere, in cui i Poli Civici diventino “Case del Welfare”, per la lotta alle diseguaglianze, per la transazione ecologica verso il green, per l ‘agricoltura sociale, in una fusione tra chi cura e chi viene curato. Un nuovo modello, probabilmente molto più umano. Ma come può effettivamente il Terzo Settore essere utile al ripensamento di una modalità di vita differente? Ce lo spiegano alcuni dati riportati in fase di conferenza e dei pratici esempi, partendo da un dato certo: chi ha risentito più di tutti della pandemia sono state le donne, i bambini/ragazzi, gli anziani, i disabili e chiunque verteva in una situazione di povertà che ora è allo stremo. Bambini: una associazione può essere sicuramente d’aiuto nella realizzazione dell’idea regionale di una scuola che sia capace di rimanere operativa anche in zona arancione e rossa, ad esempio con programmi di outdoor education. Anziani: l’aumento di uso di psicofarmaci da parte di anziani e giovani del 62% fa riflettere su quanto sia profondo il malessere psicologico ed emotivo che crea l’aver perso l’aggregazione, lo scambio sociale; gli anziani nelle RSA sono il 3% degli anziani totali ma di quel 3% delle RSA ne è morto di covid il 40% cosa che racconta come nelle strutture di assistenza si muoia 15 volte in più che nelle proprie case in cui si è assistiti da familiari e dal proprio medico di famiglia.

E allora il Terzo Settore può agire con le “Case per gli anziani” che sostituiscano le RSA e riconvertano gli operatori del settore con un occhio di riguardo alla loro sicurezza; puntare sull’invecchiamento attivo, motivo per cui i Centri Anziani, ora chiusi, dal 14 Luglio del 2020, devono costituirsi associazioni di promozione sociale o la loro gestione, pur rimanendo un servizio pubblico del Comune, essere affidata ad una aps che abbia fra le proprie finalità la presa in cura dell’anziano, in questo modo, con le attività che possono svolgere sotto la formula aps, si riportano gli anziani ad essere utili al benessere proprio ed a quello sociale della comunità. Giovani: il Rapporto Ocse-Pisa racconta come il percorso di studi STEM venga poco considerato in generale ma soprattutto dalle giovani donne, poche di loro si indirizzano ad ingegneria o verso materie scientifiche e tecnologiche, quando ormai sono le figure professionali più richieste, questo è ancora un grande gap culturale della mentalità italiana.

Ed anche qui il Terzo Settore può operare con formazioni che incoraggino questo corso di studi e ne spieghino l’importanza attuale e futura. Donne: il 98% di chi ha perso il lavoro in pandemia sono donne, rimaste in casa per seguire figli in DAD e difficilmente lo ritroveranno, perché l’Italia ancora non è pronta alla parità di genere in ambito lavorativo; i dati ci raccontano purtroppo dell’aumento di violenze e maltrattamenti, di donne costrette dal lockdown a vivere a costante contatto con il proprio aguzzino. E ancora, le associazioni si prendono cura delle donne in difficoltà, dei disabili, dell’inserimento degli immigrati, si occupano di assistenza domiciliare, di pacchi spesa, mettono a disposizione i propri spazi per le vaccinazioni. Le Pubbliche Amministrazioni che non possono dotarsi di nuovo personale, con l’art. 72 del codice, potranno avvalersi del Terzo Settore che potrà formare e reclutare personale specializzato. Con le nuove linee guida, le cooperative, associazioni con connotazione d’impresa, non dovranno pagare più lo scotto della gara a ribasso d’asta perché riconosciute validi partner.

E questi sono solo esempi su come il Terzo Settore, da ora in poi, sarà un attore di grande importanza. In conclusione, il futuro è allora il nuovo modello di collaborazione fra Pubblica Amministrazione ed associazioni operanti sul territorio, che insieme formano quello che è il front-office capace di capire ed intercettare le nuove esigenze e realizzare progetti seguendo una comune linea di intesa.

Simona Borrelli

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PADDLE!

Da qualche anno a questa parte nelle nostre città si sta diffondendo una pratica sportiva sconosciuta ai piu’ma che con gran forza si sta impadronendo del tempo libero di molti. Nato poco piu’di cento anni fa in sud america e chiamato padel in lingua spagnola, sta ottenendo consenso anche qui in Italia con un buon numero di praticanti e tornei in aumento sempre più sostenuto.

Comunemente è considerato una via di mezzo tra il tennis,lo squash e i racchettoni da spiaggia,ma erroneamente! Il paddle, infatti, è uno sport a se!si pratica in due giocatori contro due,in un rettangolo di gioco 20×10 circondato da pareti di vetro.

Non troppe regole, ma importanti, la più significativa e che lo differenzia dal tennis è quella dei vetri delimitanti il campo che fanno parte anche essi del gioco,ovvero,se la palla rimbalza su tali vetri può essere respinta con la racchetta e mantenuta in gioco.

Vengono utilizzate racchette molto più piccole e piatte, forellate e non incordate come nel tennis. Il punteggio rimane invariato rispetto al tennis con la sola differenza che la partita si gioca sempre sulla lunghezza di tre set oppure in un tempo limitato in un’ora e mezza.per molteplici fattori il paddle sta diventando una sorta di fenomeno sociale che aspira a diventare anche disciplina olimpica nel breve.avere costi contenuti,di facile apprendimento,la possibilità di raggiungere un buon livello in poco tempo e l’opportunità di praticarlo sotto casa e”indoor”ovvero al coperto ne fanno uno sport divertente e accessibile ad uomini, donne e piccoli!tutto questo è sicuramente legato a doppio filo alla certezza di avere un sicuro beneficio fisico nonchè mentale!detto cio’il nostro comune,capendo il momento che stiamo vivendo tutti e cogliendo l’attimo,cercando e trovando fondi,sta riuscendo in breve tempo,a costruire un ottimo centro sportivo munito di campo da paddle di ultima generazione così come uno spettacolare campo da calcetto.la struttura è posta sul sito del vecchio campo da calcetto a san benedetto,di facile raggiungimento e sarà corredata di parcheggi e spogliatoi.non appena saranno terminati i lavori e saranno ottenute le dovute autorizzazioni,esorto chiunque a buttarsi nell’avventura di praticare sport e in particolare il paddle,per averne un ritorno in termini di salute fisica e freschezza mentale.

Gioacchino Ragazzoni

La fatica da Pandemia: quando il virus c’ha cambiato la vita

Dopo ormai un anno di convivenza con il SARS-CoV-2, virus responsabile del Covid-19, siamo tutti tristemente esperti di termini come lockdown, distanziamento, proteine spike, RNA… terminologia di uso comune grazie ai mezzi di divulgazione, ai dibattiti sostenuti da esperti, alle tavole rotonde con medici, politici ed economisti, alle novità sensazionalistiche buttate sui social per un “like” in più alle fake news rimbalzate da un canale all’altro con superficialità e mala fede. Il risultato finale: un frullatore di argomenti monopolizzanti che hanno mutato la nostra realtà in maniera radicale, rendendoci diversi da quelli che eravamo.

La cosa che più ci attanaglia è la mancanza di programmazione e l’impossibilità certa di un traguardo temporale da tagliare che ancora non vediamo. Questa estate cosa faremo? Ne saremo fuori? O magari il prossimo anno? Le attività riprenderanno? Per quanto tempo ancora dovrò portare la mascherina? Nasce così una “nuova patologia” che i nostri avi avevano conosciuto durante lunghi periodi di crisi come le due guerre mondiali e che oggi viene definita come “Pandemic fatigue”.

La fatica da pandemia è una risposta mentale alle situazioni associate alla crisi sanitaria che stiamo vivendo e che si stanno protraendo con risvolti di carattere sociale ed economico impattanti sulla tenuta della società stessa. Si diventa piano piano insofferenti alle regole che hanno cambiato la nostra realtà, ovvero le nuove abitudini che hanno ridotto la libertà di movimento e di relazione. Si abbassa la guardia, si fa più pressante la voglia di normalità e autodeterminazione dei propri comportamenti, con il rischio reale di infrangere le prescrizioni legislative esponendosi a rischi sanitari.

Questo perché, se nella prima fase della pandemia avevamo le risorse individuali e comunitarie per rispondere allo stress causato dal timore per la salute, ora le energie vanno esaurendosi e la novità non è più tale. La minaccia dei pericoli diventa più familiare e quindi meno impellente. Ci si abitua al pericolo, fino a normalizzarlo e dunque ci proteggiamo di meno. In molte persone inoltre uno stress prolungato porta ad una vera e propria serie di sofferenze come ansia, irrequietezza, disturbi del sonno e della condotta alimentare, spossatezza, depressione, utilizzo di sostanze psicotrope (soprattutto quelle legali come fumo, alcol e gioco d’azzardo) sino nei casi più estremi ad una vera e propria negazione del pericolo.

Ma come possiamo difenderci dallo stress? Innanzitutto dovremmo capire cosa attiene a noi e cosa dovrebbero fare gli altri. Ad esempio il governo centrale e le istituzioni locali (attraverso la comprensione della sofferenza dei propri cittadini senza limitarsi ai soli provvedimenti punitivi ma anche azioni propositive) i mezzi di comunicazione (in grado di raccontare la realtà senza terrorismo e infondendo una speranza realistica di superamento della crisi). E noi? A noi aspetta il difficile compito di accettare il fatto che siamo stressati e stanchi, cercando, per quanto possibile, di praticare tutte quelle attività che ne abbassano i livelli, come l’attività fisica, che si può fare anche in casa, lo yoga, la meditazione, la ginnastica dolce. Ma anche vedere i film che ci piacciono, i programmi televisivi che ci rilassano e allentano lo stato di tensione. Evitare magari di restare sempre in contatto con le notizie ma informarsi con regolarità per capire cosa stia accadendo senza sovraesposizioni.

Non serve vedere tutti i TG dell’intera giornata o seguire tutti i dibattiti, non serve collegarsi ad internet per sapere “i numeri di oggi”, ricordando che non sono numeri ma persone, come noi. Non dobbiamo sottovalutare la nostra situazione, ma ascoltare il corpo e la mente ed i segnali che ci invia (carenza di sonno, facile irritabilità, incapacità di assolvere ai propri doveri). Se ci sentiamo sopraffatti da sensazioni negative parliamone con un medico, perché mai come ora chiedere aiuto è un diritto inalienabile. Dobbiamo continuare a volerci bene, nonostante tutto, e a voler bene a chi ci circonda mediante il distanziamento fisico e non sociale. Ricordiamoci di fare qualche telefonata in più, mandare un semplice messaggio per sapere “come stai” e non dimenticarsi dei bisogni altrui che sono gli stessi nostri. Laviamo le mani, indossiamo correttamente la mascherina e esentiamoci oggi più di ieri una comunità.

Dott. Fabio Attilia

Un Masterchef orviniese al nuovo contest “King of Pizza”

Ciao a tutti, ormai quasi tutti gli orviniesi mi conoscono, poiché da 10 anni che vivo in questo meraviglioso e storico paesino della Sabina. Mi chiamo Angelantonio Cocca, ho 42 anni e sono di Lucera (Fg). Nella vita oltre ad essere un tecnico libero professionista (geometra), sono anche un NIP Master Chef della Nazionale Italiana Pizzaioli che ha sede a Forli; azienda fondata da Dovilio Nardi, nel 1999, che si occupa di formazione, servizio, ricerca, sviluppo ed innovazione nel settore ho. re. ca.

La mia prima esperienza nel mondo della ristorazione avvenne in età adolescenziale, nel 1994, quando in una vacanza studio nella città di Pesaro, fui assunto in una pizzeria, nella quale lavorai, dapprima come cameriere e poi come aiuto pizzaiolo. Di lì partì l’input, che successivamente si trasformò in una vera e propria passione, che ancora oggi coltivo. Passione che mi ha portato negli anni addietro ad avere esperienze come panificatore e pizzaiolo, in diverse località italiane, ivi compreso Orvinio (TAKA PIZZA). Nel 2018 divento istruttore per la Nazionale Italiana Pizzaioli, e nel ottobre 2019 ricevo la nomina di NIP Master Chef, specializzandomi nel settore Pizza e Bakery, grazie anche ai molteplici corsi frequentati, tutti organizzati dal World Master Chef Dovilio Nardi, con i quali ho potuto altresi’ maturare esperienze in diverse e importanti manifestazioni, sia in Italia che all’estero (Austria e Francia), come quello della produzione di pizze gourmet all’interno del catering Ferrari Challage di quest’anno, in occasione delle finali Mondiali 2020 tenutesi nel circuito internazionale di Misano Adriatico.

Ad oggi, oltre alla collaborazione attiva con l’azienda NIP Food, a completare il quadro esperienziale, è stata la mia partecipazione al nuovo contest internazionale televisivo su Sky Canale Italia “KING OF PIZZA®”, ove mi sono piazzato al 2° posto nel corso della 16^ puntata andata in onda il 22 Marzo scorso. Il Contest è ambientato nell’anno 1309, nel castello di Gourmeladia®, dove i pizzaioli devono sfidarsi facendo pizze Gourmet per il Re, le quali poi verranno valutate dai giudici del castello, che si alterneranno tra i World Master Chef Dovilio Nardi (Pres. NIP food), Matteo Giannotte (Vice Pres. NIP food), Antonio Sorrentino (Executive Chef Rosso Pomodoro Mondo), Albarosa Zoffoli (Executive Chef Cuochi d’Italia), Daniele Zanzi ed Emilio Vattimo; ed alla fine solo uno sarà il “RE DELLA PIZZA”!

Partecipare a questo contest è stata un’esperienza unica per me personalmente, perché nella preparazione della pizza presentata, denominata “CAPITANATA”, ho voluto riscoprire e portare in tavola alcuni dei vecchi sapori e tradizioni tipiche della mia zona di origine, appunto la Capitanata, la cui capitale, all’epoca del medioevo (periodo in cui è ambientato il contest) era Lucera, cittadina ove sono nato.

La scelta degli ingredienti infatti, è stata fatta in funzione anche delle loro proprietà salutistiche a partire dall’impasto, costituito da una miscela di farina integrale di grano duro (Molino Mininni Altamura) e farina di segale, che abbassano i rischi di malattie cardiocircolatorie, ictus, infarto, apportano vitamine E, vitamine del gruppo B, betacarotene, acido folico ed essendo ricco di fibre abbassa i livelli di glicemia e colesterolo nel sangue, oltre a svolgere un azione depurativa ed antinfiammatoria per l’intestino, prevenendo la formazione di tumori all’interno dello stesso. Altro ingrediente predominante e protagonista della farcitura della mia pizza è stato il “Cardoncello” (Pleurotus Eryngii) un fungo tipico della Capitanata, con proprietà benefiche comuni a quelle del grano duro, ma con presenza predominante di “biotina” (detta anche vitamina H), che oltre a svolgere una funzione metabolica (regola il metabolismo di grassi, zuccheri e proteine), è precursore della cheratina, proteina fondamentale per preservare pelle, capelli e unghie. Inoltre questo fungo nel medio evo, veniva largamente consumato, in quanto lo stesso si pensava avesse proprietà afrodisiache.

Completano la farcitura oltre ai pomodorini confit gialli e rossi, affiancati alle orecchiette di grano duro fatte a mano, che stese su una crema di pomodoro, ospitano al loro volta delle polpettine di scottona aromatizzate alla menta selvatica. Come elemento di base sulla pizza messa in cottura, è stata appositamente creata una crema di caciocavallo podolico (chiamato così perché deriva da latte di vacca podolica, una varietà allevata nella Podolia una regione della Ucraina, ed importata in Italia ad opera degli Unni e dei romani), olive verdi “Bella di Cerignola” (varietà coltivata nell’omonima città in provincia di Foggia) e farina di mandorle.

Confrontarsi con le proprie capacità ed esperienze, con altri professionisti del settore, in una competizione di così alto livello, è stato entusiasmante, anche perché fin ad ora non avevo mai avuto la possibilità di andare in onda in televisione, addirittura su piatta forma SKY ed allo stesso tempo essere visibile da tutto il mondo. E non è tutto! Frutto del mio impegno, dedizione e professionalità durante la partecipazione al contest “KING OF PIZZA®”, il presidente Dovilio Nardi ha deciso di premiarmi, conferendomi ufficialmente il titolo di “CAVALIERE D’ORO DELLA PIZZA” con la consegna del Diploma e della Medaglia. In questi quasi tre anni ho imparato molto dalla scuola NIP food, sia per i corsi frequentati, sia per le esperienze svolte, sia per il mio impegno che per la mia dedizione, ma soprattutto è doveroso ringraziare Dovilio Nardi, Matteo Giannotte, Emilio Vattimo, Roberto Todisco e tutto lo staff NIP Food, per quello che mi hanno dato e trasmesso sia a livello professionale, ma soprattutto a livello umano, con vero spirito collaborativo di chi fa parte di una “Grande Squadra”.

“Sempre insieme per crescere”

“Perchè chi non si forma, si ferma”

“Quello che non si sa si impara, quello che non esiste si inventa” – cit. Dovilio Nardi.

potete vedere la puntata qui

Angelantonio Cocca

Orvinio festeggia Camillo Fabriani

100 anni dalla prigionia coi tedeschi a Youtube. Un secolo di storie

Era l’inverno del 1927, ad Orvinio c’era la neve, circa tre metri e mezzo. I ragazzini, uno in particolare, scavavano gallerie dentro la neve gelata con palette improvvisate, mentre il marchese Annibale Berlingieri veniva messo in salvo con grosse tavole di legno per agevolare l’accesso verso Roma. Di storie ed aneddoti ne esistono tanti e non basterebbe un’enciclopedia per ricordarli tutti.

Questa è la storia di Camillo Fabriani, nato ad Orvinio l’8 febbraio 1921, che proprio nel 2021 compie 100 anni. Un secolo di storia dell’Italia, vissuto da italiano doc: Aviere, sommo Contabile, Ufficiale della Repubblica, Cavaliere della Repubblica, Presidente dell’ Associazione Combattenti e Reduci di Guerra dal 1999 al 2015, anno in cui la sezione venne sciolta, marito, genitore e nonno amorevole, Camillo è l’orgoglio del nostro Comune. Camillo ha vissuto la seconda guerra mondiale come marconista addetto alle comunicazioni sugli aerei. L’8 settembre 1945, dopo l’armistizio con gli alleati, trovandosi all’aeroporto di Capodichino, tornò ad Orvinio a piedi e, per un breve periodo, venne fatto prigioniero dai tedeschi.

Lo ritroviamo, durante gli anni della ripresa economica, impegnato a sbrigare pratiche presso l’ufficio del registro di Orvinio e, successivamente presso gli uffici di Roma. Con la pensione si dedica maggiormente alle attività agricole presso i terreni di famiglia, sua grande passione, gestendo i frutti del duro lavoro e riscoprendo altri hobbies a lui molto cari, tra i quali la pittura. Custode di un patrimonio storico immenso, ancora oggi aiutato da una memoria vivida ed un fisico integro nonostante la veneranda età, vive nel paese in una confortevole dimora, al fianco della sua amata moglie Adelina. Nei momenti conviviali è attorniato dal calore dei figli e dei numerosi nipoti e pronipoti.

Ancora oggi è solito indirizzare lunghe epistole sulle varie problematiche e questioni sia familiari, sia legate al paese stesso, come per esempio sulla salvaguardia del monumento ai caduti, oggetto in passato di progetti di riqualificazione e ampi dibattiti. Molte di queste testimonianze di recente sono state raccolte nel progetto “Borghi Narranti”, che fanno di Camillo anche un abile oratore ed un novello youtuber.

“L’augurio più sincero per questo primo secolo appena trascorso da parte di tutta la Cittadinanza orviniese ed un ringraziamento particolare ai nipoti Simone, Silvia, Flaminia, Alessandro e Marco che mi hanno supportato nel ricordare alcuni passaggi di questa storia di vita meravigliosa”

Fausto Bozza

Restart Turismo

E’ stato un anno difficile, segnato da una pandemia senza precedenti che ha messo in ginocchio un intero pianeta, privandoci di affetti, di quotidianità e non da poco di economia. Settori in ginocchio, tra questi il turismo e ciò che ne consegue, attività, molte delle quali a conduzione famigliare.

A pagarne le conseguenze per l’appunto sono le piccole realtà che vivono esclusivamente di turismo, non solamente i luoghi più noti, ma anche i più piccoli, soprattutto i più piccoli. La storia ci insegna però che dalle criticità si deve uscire, si può uscire, sfruttando il tempo “fermo” pensando, ragionando sulle progettualità mirate, sulle occasioni presentate. Come? Partecipando a bandi, in modo allargato, lavorando seriamente con altri interessati, per un unico obiettivo, in campo turistico far conoscere il nostro territorio, farlo vivere.

Bandi ce ne sono, questo significa che la Regione ha messo in campo opportunità, quello che la politica poi dovrebbe fare, dare gli strumenti. Come? In questo caso con un piano turistico triennale (2020/2022), con il quale la Regione si è impegnata ad avviare immediatamente l’elaborazione di un nuovo piano strategico per il rilancio del settore, soprattutto a seguito del Covid-19, stanziando 4,5 milioni di euro, con la finalità di programmare le linee guida, le strategie, gli obiettivi e gli indirizzi generali di azione da seguire basandosi sugli studi dei flussi di quel triennio, individuando e specificando gli interventi da realizzare.

Di estrema importanza quindi seguirne le linee per non rimanere fuori mercato. Noi, come Comune di Orvinio abbiamo aderito al bando (finanziato con Determinazione della Regione Lazio n. G01320 del 10.02.2021) finalizzato alla creazione di una Destination Management Organization (D.M.O.). Che cosa è una D.M.O.? È una organizzazione senza scopo di lucro, le figure che la compongono sono pubbliche amministrazioni, privati ed enti, interessati a promuovere una specifica zona territoriale provinciale o regionale. Coinvolgono tutti gli attori operanti sul territorio, nei propri comuni, svolgendo sia attività di sviluppo con idee e creazione di nuovi prodotti turistici, sia con rivalutazione del prodotto già esistente e svolgendo attività di promozione e commercializzazione.

Dal mese di febbraio abbiamo partecipato a diversi incontri su piattaforme digitali con altri rappresentanti amministrativi e privati del settore turistico. Sono emerse preoccupazioni comuni, ma soprattutto idee, valide per tutta la nostra provincia. La novità sta nel fatto che per la prima volta si è deciso di fare gruppo, RETE, compatti, tutti all’interno di una cornice armonica e condivisa sul tema del turismo, autonomi ma condividendo strategie, obiettivi, linee guida. I beneficiari, comuni, riserve naturali, privati, associazioni, proloco, attraverso la nomina di un Destination manager, in questo caso è stato indicato un esperto del settore, Diego Di Paolo (anche ex Ass. Turismo del Comune di Rieti) hanno presentato progetti tematici o ambiti territoriali seguendo le linee guida indicate nel bando e che riguardino uno o più cluster :
TURISMO CULTURALE : arte. Storia, cultura.
TURISMO OUTDOOR : cammini, itinerari, sport, natura e montagna.
BENESSERE : salute, enogastronomia e turismo rurale.
Tutti cluster che noi come realtà abbiamo e che possiamo, anzi dobbiamo, promuovere, commercializzare, utilizzando i nuovi strumenti a disposizione come app , web, social media, brevi spot. E’ una grande occasione per noi, ma soprattutto per l’intera provincia reatina troppo a lungo in ombra, ai margini. È tempo di uscire dal letargo, propositivi, consapevoli che questa che abbiamo davanti è una grande OPPORTUNITÀ, che riguarda tutti noi e che possiamo contribuire a renderla tale, per garantire un futuro competitivo, sostenibile e innovativo al settore turistico del Lazio, di Orvinio.
Con l’occasione ringrazio Maurizio Forte, mio predecessore, che ha seguito questo bando, consigliando all’amministrazione di proseguire.

Roberta De Sanctis

Aggiornamenti sulla fibra

Mesi fa sono stato contattato dal vice sindaco del Comune di Orvinio per avere un aggiornamento sulla situazione della fibra nel nostro paese.

Da buon orviniese mi sono subito attivato attraverso una serie di conoscenze che ho potuto avere nel corso delle mie esperienze lavorative e professionali. Ebbene, la situazione è questa. Attualmente il service di progettazione si è già interfacciato con il Comune nella fase di walk in walk out, analisi del territorio per indirizzare al meglio la progettazione. È previsto l’inserimento del progetto all’interno della prossima CDS del Lazio prevista per il prossimo aprile.

A seguire ci sarà l’apertura del cantiere per la realizzazione della rete. Verrà di conseguenza presa in carico l’attività e dopo averla presentata al CDS del Lazio si saprà con maggiore certezza quando inizieranno i lavori. Vi terremo aggiornati sull’evolversi della situazione.

Andrea Giacomini

Il futuro dei piccoli comuni e il Digital Drive

Orvinio è uno dei tanti piccoli comuni italiani con meno di 5000 abitanti che necessita di una costante connessione ai luoghi ed alle persone mediante la promozione delle cosiddette buone pratiche connesse al superamento del digital divide.

Tale evoluzione dovrebbe partire dalle persone in prima battuta per poi interessare l’azione amministrativa ed indirizzare le scelte gestionali a tutela delle collettività. Unire e non dividere quindi: come Comune abbiamo intrapreso un percorso in tal senso cercando strumenti innovativi per garantire un processo adeguato in ambito TLC che possa garantire reti ed interazioni sia all’interno, sia all’esterno della comunità.

Oggi il tema più sentito riguarda i lavori per l’installazione della fibra, attualmente, nonostante vari solleciti, non abbiamo ancora ricevuto risposte concrete sulle tempistiche di esecuzione dei lavori, che probabilmente saranno avviati nel prossimo anno.

Fin da subito abbiamo chiarito le peculiarità del territorio ed il necessario rispetto del contesto storico urbano durante la futura messa in opera. Le opportunità tecnologiche sono molteplici, nell’attesa vi invito a riflettere anche su sistemi alternativi di connessione, come per esempio il Fixed wireless access. LA FWA è una tecnologia che utilizza un sistema ibrido di collegamenti via cavo e senza filo per offrire servizi di connettività in banda larga e ultralarga.

È anche definita “Fiber to the tower” (FTTT), ovvero “fibra fino all’antenna”, poiché il cavo arriva fino alla stazione radio base (detta BTS) la quale emette il segnale senza fili per raggiungere il terminale (un’antenna ricevente) che poi lo distribuirà nelle abitazioni degli utenti. Viene definita “Fixed” perché, a differenza delle altre connessioni wireless, utilizza le onde radio esclusivamente per creare un ponte tra due infrastrutture fisse, una soluzione meno impattante rispetto ai tradizionali ripetitori e che sarebbe anche meno invasiva in termini di opere edili e simili.

Tra le varie opportunità attualmente presenti nel territorio nazionale possiamo citare l’esperienza di Eolo Spa, che vanta una rete FWA di circa 6.000 piccoli comuni. In tale ambito quello che mi preme evidenziare sono, in particolare, i progetti correlati portati avanti in ambito promozionale come “Missione Comune”. La richiamata società con tale progetto si impegna a donare 1 milione di euro in progetti di digitalizzazione,salvaguardia e valorizzazione dei piccoli borghi italiani, attraverso un contest multimediale. Ognuno di noi può fare la sua parte, votando sul sito dell’iniziativa ed aiutare un piccolo comune a trasformarsi in una piccola Smart City.

Una bella iniziativa che va al di là degli aspetti imprenditoriali, poiché come ci suggerisce il loro piano di comunicazione, sono i piccoli comuni a rendere grande l’Italia. Orvinio può essere protagonista se si crea rete e si perseguono percorsi virtuosi.

Fausto Bozza

Un sociale pugno in faccia

art. 108 Legge di bilancio e obbligatorietà partita IVA per non-profit

Le associazioni, in piccoli territori come il nostro, sono realtà di socialità importantissime, sono canali di apertura e di scambio ma pare che il 2020 abbia messo davvero a dura prova la loro resistenza e il 2021 si prospetta non meno complicato. Dopo la Riforma del Terzo Settore, che ha richiesto sforzi organizzativi e di adeguamento, dopo la pandemia che ha bloccato le attività di socialità e cultura, bloccando anche le attività che in alcuni casi permettevano il sostentamento economico della struttura, la battaglia per i ristori da cui le associazioni, non essendo commerciali, erano state in un primo momento tagliate fuori, ora un articolo della Legge di Bilancio 2021 pone la maggior parte delle circa 150.000 realtà associative italiane a rischio di chiudere definitivamente.

Il Terzo Settore, è una vasta realtà comprendente enti con fine solidaristico sociale, senza scopo di lucro, organizzazioni di privati che prestano servizi e scambi di beni in modo volontario, gratuito, e mutuale. Le associazioni che tutti conosciamo, dalle APS, alle Onlus, alle ASD, tutte le no-profit di volontariato, che non guadagnano sul servizio che rendono alla comunità, i cui possibili proventi sono studiati ed interamente girati al solo mantenimento in vita dell’associazione stessa ed agli investimenti per ulteriori attività, saranno catapultati nel mondo del commerciale dall’articolo 108 della Legge di Bilancio 2021.

Il Dipartimento per le Politiche Europee informa che a causa della procedura d’infrazione n°2008/2010 “Non corretto recepimento della direttiva IVA (2006/112/CE, relativamente alle esenzioni previste dall’art.132 Direttiva Comunità Europea del 28/11/2006 n° 112, esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico)” dalla nuova Legge di Bilancio in poi verrà resa obbligatoria l’apertura della partita IVA per qualunque forma associativa anche se si tratta di volontariato no-profit.

ùL’Europa ci contesta il. DPR 633/1972 in quanto violerebbe gli obblighi comunitari in materia di IVA per quel che riguarda le operazione “escluse ed esenti”. Lo stupore iniziale è stato davvero grande, il Terzo Settore, in blocco, passerebbe così da no-profit, ad uno strano ibrido tendenzialmente no-profit ma commerciale, però non proprio del tutto. Come se non bastassero le norme della Riforma del Terzo Settore molto spesso confuse e contraddittorie. Dopo l’iniziale gelo che ha paralizzato la schiena di migliaia di Presidenti delle associazioni, si è cercato tutti di capire quella che è in gran parte una insensata e catastrofica decisione. Per chi non ha mai avuto a che fare con una partita IVA o non è un addetto del settore, la differenza fra esente ed escluso non la percepisce ma, facendo un ristrettissimo sunto, si può dire che le operazioni esente IVA fanno parte delle operazioni che per ragioni sociali o tecniche sono escluse dal campo di applicazione IVA però, soddisfacendo i tre presupposti IVA, fanno si che si debba lo stesso adempiere a delle formalità quali fatturazione, registrazione, avere un commercialista. Le operazioni escluse IVA, secondo il DPR 633/1972 sono definite “non rilevanti”, ovvero non danno luogo ad obblighi formali e non concorrono a formare volume d’affari. In breve da “esente” devo giustificare sempre la mia esenzione su tutte le operazioni ma per essere esente, ovviamente devo comunque avere una Partita IVA ed emettere fatture “esente IVA” e adempiere ai doveri burocratici; da “escluso” non ce ne è alcun bisogno perché la legge mi rende in partenza già escluso da qualunque obbligo formale, non riconoscendomi un soggetto IVA.

Dunque, dalla nuova Legge di Bilancio in poi, le associazioni verranno riconosciute come soggetti IVA, le operazioni potranno essere esenti solo a patto che non provochino una distorsione nella concorrenza o non danneggino le imprese commerciali. Qui sorgono i primi dubbi e le contraddizioni sulle regole del Terzo Settore si fanno sempre più pesanti. L’art. 4 DPR 633/721, che viaggiava di pari passo all’art. 148 del TUIR, non è stato toccato dalla Riforma del Terzo Settore, con il Registro Unico Nazionale c’è ancora l’art. 85 del Codice del Terzo Settore, norme che specificano che le associazioni non rientrano in un aspetto commerciale. Quindi abbiamo Codice del Terzo Settore, TUIR, che anche dopo la Riforma del Terzo Settore affermano una cosa e un articolo di Legge di Bilancio che ne afferma un’altra. Confusione su confusione. Gioverebbe almeno alle entrate del fisco? Scopriamo che il fisco non incasserebbe un centesimo ma le associazioni invece sosterrebbero delle spese aggiuntive, tenere un registro, dovrebbero ricorrere ad un commercialista e sostenere le sue parcelle, incorrendo anche in possibili contenziosi con l’Agenzia delle Entrate. Chi sarebbe disposto ad aprire una Partita per non guadagnare ma per regalare il proprio tempo al volontariato ed al sociale? Pochissimi e forse nessuno, sicuramente non associazioni operanti in piccoli territori dove, per ironia della sorte, sono di vitale importanza per la socialità, il nostro Orvinio ne è un esempio.

L’assetto organizzativo delle associazioni cambierebbe completamente, passando da un insieme di persone che portano avanti un progetto solidale volontariamente, a seconda del tempo a disposizione e predisposizioni personali, ad uno prettamente aziendale, impegnato il più del tempo a trovare escamotage per far quadrare conti, modelli, burocrazia con la paura di andare a gambe all’aria a danno della serena e positiva reciprocità e socialità per cui le associazioni sono nate. Si capisce bene anche quali problemi interni si solleverebbero. non tutti hanno le competenze giuste e molti, anche armati di buoni propositi, purtroppo mal gestiscono a livello burocratico-organizzativo una associazione, il rischio di confondergli di più le carte e le idee mettendo a rischio tutti i componenti sarebbe altissimo.

Che ragione di esistere avrebbe il Terzo Settore a ben tre anni dall’approvazione del Codice, se si cancella l’idea del mutualismo in favore del commerciale? Dove finirebbe il valore del volontariato? Il mondo delle associazioni non è rimasto zitto, nonostante l’apparente indifferenza dei media e delle reti di informazione, il Forum del Terzo Settore ha incontrato il Vice Ministro all’Economia Antonio Misiani, per discutere un modo che permetta di cancellare una follia simile. Il circuito Arci e il circuito Acli si sono mossi a livello nazionale. C’e da dire, però, che non tutto quello che apparentemente è senza senso in effetti lo è totalmente, le decisioni più incredibilmente folli hanno un fondo di ragione da cui nascono prima di deviarsi e prima di prendercela a morte con l’Europa o con il Governo, per capire, è utile mettere in luce una problematica molto presente in Italia, che ha reso necessarie precedenti manovre restrittive e di controllo sulle associazione e probabilmente ha influito anche su questa decisione: il fenomeno delle aziende e società mascherate da associazioni no-profit. Purtroppo i dati che riguardano il reatino non sono dei migliori. Questa nuova forma di evasione fiscale è una piaga che ha gettato un’ombra di pregiudizio sul mondo associativo, tanto da istituire a livello nazionale il “Progetto Ercole” della Guardia di Finanza, proprio a controllo delle associazioni. Ad alcuni di noi sarà capitato di entrare in un pub, un ristorante, un bar, una discoteca, un locale, una palestra, o altro e dover fare una tessera per associarsi, ci viene rilasciata una tessera con la quale si diventa “soci” ma senza avere alcun vincolo, alcun privilegio da soci, nessuna partecipazione alle assemblee, nessuna conoscenza o presa visione dei rendiconti, la partecipazione è limitata al pagamento della quota annuale, giustificata nel migliore dei casi con il sostegno all’idea progettuale e per poter usufruire dei servizi. E’ così che una impresa può permettersi di guadagnare godendo del regime agevolato delle no-profit e il più delle volte può adottare prezzi più economici, creando concorrenza sleale ai danni dei commercianti. Su un primo campione di 62 società dilettantistiche sportive, controllate dal Progetto Ercole, solo il 5% risultavano in regola e il 92% aveva commesso qualche illecito, il 15% erano evasori totali. Gli enti no-profit “mascherati” rappresenterebbero una fetta di 1,66%, stimato per difetto, dell’intera evasione nazionale. Non male.

C’è un quadro ancora più oscuro che renderebbe in parte giustificabili, manovre di controllo serrato. Il mondo dell’associazionismo, soprattutto Onlus e cooperative, sono i nuovi canali del riciclaggio di denaro sporco, il clan dei Casalesi ne sono un magistrale esempio ma possiamo fare riferimento anche a realtà molto più piccole. Soldi sporchi finiscono sui bilanci della Onlus e rimbalzano sui conti correnti di altri beneficiari o si investono in attività legali dell’associazione, attività di cui la banda di turno ne deterrebbe il controllo. Sponsorizzazioni ad associazioni sportive dilettantistiche che permetterebbero una deducibilità delle spese pubblicitarie fino a €400.000. I passaggi per sfruttare una associazione sono molto semplici: io ti dono i soldi che finiscono nel conto corrente della tua associazione, tu li usi per svolgere un servizio che però gestisce la mia società o una società a me amica o di un familiare o dove lavora un familiare, oppure acquisti un bene che vende la società a me “amica”. Tutto apparentemente legale e tutto molto semplice. E non si salvano nemmeno quei politici che strizzando l’occhio alle “imprese monopolio” di zona finiscono nel mondo sommerso del riciclaggio e dei favoritismi utilizzando proprio i canali associativi o che si servono di associazioni meteora per recuperare fondi per campagne elettorali e poi spariscono subito dopo l’uso. La riflessione che possiamo fare è solo che per i danni commessi da alcuni ci rimettono, come sempre, in molti che purtroppo, sostenendosi in modi leciti e legali, non riusciranno a sostenere i costi di gestione. Sperando in un lieto fine, sia personalmente che come presidente di una associazione di un piccolo territorio, non posso che essere solidale con chi sta lavorando per la cancellazione della normativa proposta, portando avanti la campagna per l’abolizione dell’art. 108 e facendo appello per una campagna solidale che veda le nostre realtà associative unite in un momento davvero difficile.

Simona Borrelli

Dalle leggi liquidatorie degli usi civici al riconoscimento costituzionale dei domini collettivi

Il titolo del presente articolo è stato sottotitolo del I° Convegno Nazionale sui Domini Collettivi tenutosi il giorno 8 giugno 2019 a Tarquinia, con la presenza di illustri relatori e del Giudice -Commissario Usi Civici Lazio, Umbria e Toscana dott. Antonio Perinelli. Il titolo centrale dell’incontro era “ Il cammino delle terre comuni” dopo l’entrata in vigore della legge n.168 del 20 novembre 2017, che intervenendo in tale materia aveva istituito la “ nuova “ figura giuridica dei Domini Collettivi.


Ritengo necessario fare una breve premessa, sul titolo del presente articolo e di quel convegno, legata al tempo trascorso dalla legge liquidatoria, n. 1766 del 1927 e dal successivo regio decreto n. 332 del 1928, alla recente legge n. 168 del 2017, esattamente 90 anni, per cui è d’obbligo una riflessione ancor più penetrante sull’impatto che le leggi liquidatorie hanno avuto in un così lungo periodo storico. Per il Comune di Orvinio va ricordato il provvedimento, emesso dal Commissariato per la liquidazione degli usi civici dell’Italia Centrale, n. 25 del 1971 di liquidazione di 31.13.22 ha.


Per cui, senza esprimere giudizi di merito sulle scelte del legislatore, passare dalla liquidazione al riconoscimento costituzionale non è e non sarà facile. Prova ne è che quasi quotidianamente in tutti i comuni gli amministratori, i tecnici, i periti demaniali ed i cittadini chiedono chiarimenti e spiegazioni sui vari procedimenti connessi alla materia e sollecitano soluzioni in merito sulla base del consolidato atteggiamento liquidatorio.


Il secondo rilievo verte sul riconoscimento dei domini collettivi sancito con una legge ordinaria e non con una legge costituzionale, seppur con richiami ad alcuni articoli della Carta Costituzionale, senza abrogare la legge 1766 del 1927 con la quale deve convivere, lascia un po’ perplessi perché, a mio parere, era preferibile abrogare le vecchie leggi per evitare una difficile convivenza.


Sottolineo che vi è l’esigenza di fare leggi più chiare, coordinate, comprensibili, che stabiliscano sfere di competenza certe fra Stato e Regioni e per quest’ultime occorre sollecitare l’esercizio delle competenze già attribuite con la legge 97/1994 ed ora con la legge 168/2017, pena il venir meno della certezza del diritto e con essa dello sviluppo dell’economia.

Pertanto occorre riflettere a fondo sulla potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni, perché il novellato art. 117 della Costituzione da parte della riforma del titolo V ha creato molta confusione, con il rischio che spesso occorre chiedersi “ chi fa cosa “, anche se a questa domanda è venuta in soccorso la Corte Costituzionale con le sue recenti sentenze, fra tutte la n. 113 del 2018. Quest’ultima ha ribadito che lo Stato ha competenza esclusiva in ordine alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, mentre la competenza in ordine al governo del territorio spetta alla Regione, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali riservati allo Stato.


In conclusione il cambiamento di rotta stabilito dalla legge 168/2017 impone a tutti gli operatori, Regioni, Comuni e Università Agrarie, di fare molta attenzione in futuro nel trattare i vari istituti in materia di usi civici, perché l’ordinamento giuridico non vede più con favore la liquidazione degli stessi.

Umberto Imperi