
dal numero XX di Orvinium 14/12/2018
Le più importanti organizzazioni di tutela e promozione della salute in ambito nazionale e internazionale, sulla base di evidenze scientifiche ed epidemiologiche consolidate, considerano il consumo di bevande alcoliche un importante fattore di rischio per patologie croniche ed acute, incidentistica stradale, domestica, lavorativa ed episodi di violenza.
In Europa l’alcol è responsabile di circa 200.000 morti l’anno ed è la terza causa di mortalità prematura, quindi evitabile (preceduto solo dall’ipertensione e dal consumo di tabacco).
La prevenzione si basa sull’assunto che l’alcol danneggia altre persone oltre il bevitore, sia attraverso la violenza sociale, urbana o in famiglia, oltre che richiedendo un uso improprio, incongruo ed evitabile delle risorse sanitarie. Una quota non trascurabile del consumo medio pro capite di alcol è usata al fine di raggiungere l’intossicazione, attraverso il fenomeno del binge drinking.
L’assunzione di alcol può rappresentare (come accade per altre sostanze) un modo per affrontare un disagio interiore le cui cause vanno ricercate nel genoma del giovane (ereditarietà) e negli stimoli ambientali che si ricevono durante il periodo dell’accrescimento e dello sviluppo psico-fisico. Questo periodo è particolarmente critico per la particolare suscettibilità del cervello alle modificazioni indotte dallo stress (abbandoni, immigrazione, affidamenti, perdita dei genitori, traumi in generale) che, agendo sulla crescita cerebrale (adattamento agli stimoli) è in grado di modificare il carattere e creare difficoltà di relazione ed affettive che possono essere lenite dall’azione ricercata (o casuale) di sostanze che hanno effetto sulla psiche (soprattutto l’alcol per la sua facile reperibilità). Ciò può contribuire allo sviluppo della dipendenza da sostanze e ai comportamenti che ne conseguono.
Il Rand Institute ha prodotto un report europeo da cui si evince che in Italia, negli ultimi dieci anni, per i giovani è aumentata la disponibilità delle bevande alcoliche, attraverso una strategia di promozione delle bevande stesse che rende economico l’acquisto e il consumo di quantità rischiose o dannose di alcol. Ciò avviene per mezzo di proposte commerciali (vedi happy hours, pubs’crawl, open bar). Ulteriori evidenze sono state fornite dallo Science Group europeo attivato dalla Strategia Comunitaria sull’alcol che ha evidenziato come la pubblicità delle bevande alcoliche, in gran parte ammiccante ai giovani e giovanissimi, incrementi i consumi alcolici e favorisca l’avvio al consumo alcolico di chi, per scelta, non sarebbe orientato a bere. La stessa comunicazione televisiva ha manifestato e continua a manifestare approcci di informazione equivoci attraverso la normalizzazione del bere (ogni 12 minuti c’è un personaggio che nelle fiction italiane porta un bicchiere alla bocca), attraverso testimonial, cantanti, modelle, campioni sportivi che propongono, non senza interessi, in trasmissioni di vasta diffusione, tesi proponenti il bere come elemento di successo sociale, sessuale, di protagonismo a cui i giovani non sono insensibili.
E’ preoccupante che il fenomeno sia registrato anche al di sotto dei 16 anni, età minima legale di divieto di somministrazione di alcol, (recentemente proposto innalzamento della vendita di tabacco e alcol ai soli maggiorenni) e che tra le ragazze tra i 16 ed i 17 anni si registrino valori più elevati rispetto alla media femminile nazionale (quasi il 4% rispetto alla media del 2.8%) con un picco per le 18-24enni (6.5%).
Il rischio non si annida solo nelle occasioni di “binge drinking” come potrebbero essere le serate in discoteca o nei pub, ma anche su base quotidiana (e quindi non occasionale), tra coloro che consumano alcolici tutti i giorni. In media, negli ultimi anni, non meno di 500.000 adolescenti al di sotto dell’età minima legale riceve e consuma alcol in Italia per ragioni che sono spesso familiari, a volte sociali, ma molto più frequentemente indotte da una “cultura” costruita sempre di più sui messaggi errati attraverso la pubblicità fatta da ingannevoli contenuti che promuovono stili di vita non corretti con false immagini di benessere e di apparenza.
Gli elementi che contribuiscono a trasformare il bere in un fattore di rischio sono numerosi e non tutti di facile gestione. Ridurre il rischio è il risultato finale di un percorso “virtuoso” che si avvale di elementi che comprendono, tra gli altri, la qualità dell’informazione, le modalità di comunicazione, la capacità di suscitare interesse e curiosità da parte dei giovani, la capacità di coinvolgere i giovani in una scelta partecipata e non imposta.
L’azione di prevenzione deve quindi essere condotta non solo sui fruitori ultimi del progetto (i giovani), ma soprattutto su quelle figure che intervengono in prima linea in campo formativo (scuola, famiglia ed operatori socio-sanitari) che si fanno carico della responsabilità degli adulti di domani.
Glossario
Consumo di alcol: il consumo di almeno un tipo di bevanda alcolica (vino, birra, altri alcolici) almeno una volta nell’anno.
Consumo giornaliero di alcol: il consumo di almeno un tipo di bevanda alcolica (vino, birra, altri alcolici) tutti i giorni.
Unità alcolica: corrisponde alla quantità di alcol (circa 12 grammi) contenuta in un bicchiere piccolo (125 ml) di vino di media gradazione, o in una lattina di birra (330 ml) di media gradazione o in un bicchierino di superalcolico (40 ml).
Consumo giornaliero non moderato di alcol: il consumo che eccede: 2 unità alcoliche al giorno per l’uomo; 1 unità alcoliche per la donna; 1 unità per gli anziani di 65 anni e più; qualsiasi quantità giornaliera per i minori di 17 anni e donne in stato di gravidanza o durante l’allattamento.
Binge drinking: il consumo di 5 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione.
Dott. Fabio Attilia Dott.ssa Roberta Perciballi esperti in dipendenze, CRARL Policlinico Umberto I – Roma