Ogni anno si ripete la cerimonia con tanta fede. Io ne son rimasto l’erede se il buon Dio me lo concede. Far onore a chi si è immolato e per la patria è caduto. In questi marmi è scolpito e per generazioni sia ricordato. Dal 1867 al 1945, ben 51 son caduti un contributo non indifferente che sia custodito perennemente. Nei tempi a venire solo il comune può provvedere e il centro anziani a sorvegliare il ricordo del sacrificio, da mantenere.
Ci sono persone di cui resta impressa un’immagine chiarissima. Magari una loro azione ben precisa. Ricordo le estati passate qui ad Orvinio con nonna, lasciata dai miei per trascorrere le vacanze estive, lontana dal caos e dall’afa tipici della città. Nonna aveva delle galline in località San Benedetto, per raggiungerle bisognava scendere la via di casa, Via Vincenzo Segni. Era spesso una processione fatta di tappe quella strada, senza croci però, solo saluti piacevoli. C’era la comare Terresina (a cui va un pensiero speciale, visto che ci ha lasciato da pochi giorni), subito dopo i Barnascone.
I Barnascone , soprannome ovviamente, numerosa famiglia, ogni estate riempivano il vicolo, con la loro simpatia e voglia di star insieme. Sul balconcino dove vive Biondo con sua moglie Maria vedevo spesso un’anziana donna, Domenica,madre di cinque figli, Rosa, Fernando, Marietta, Luigino e Biondo. La vedevo seduta, intenta a pettinarsi con riserbo una lunga chioma argentata. Un’operazione che richiedeva tempo, un curato spazzolamento prima della creazione della cosiddetta cosiddetta “cipolla”. Mi sono sempre chiesta come fosse possibile racchiudere in quello chignon tutti quei capelli che ricordo molto lunghi.
Domenica de Barnascone, nata Forte, classe 1900, sposata nel 1922 con Pasquale Forte. Ricordo il suo sorriso, che rivedo nei suoi figli oggi, ricordo quella bontà quando mi chiamava con la mano, mi invitava con quel gesto a salire da lei, aveva con sé caramelle Rossana e Ambrosoli. A me non piacevano, ma non gliel’ho mai detto, mi piaceva quel rituale di andare da lei, un abbraccio qualche caramella e potevo seguire il tragitto con nonna verso le galline. Hai ancora quelle caramelle? Oggi mi sarebbero piaciute.
ARTICOLO RIPRESO DA “IL MESSAGGERO” DEL 22 GIUGNO 2019
Si è scelto di partire dalle aree interne, che rappresentano la prevalenza del territorio italiano, dove circa il sessanta per cento è contraddistinto dalla presenza di piccoli comuni, lontani dai servizi essenziali quali scuola, sanità e mobilità, è un chiaro segnale di vicinanza e attenzione verso quei cittadini che negli ultimi decenni hanno visto un lento e inesorabile allontanamento e arretramento dello Stato da quelle zone e quei borghi che restano la testimonianza più vera della nostra storia.
Con il 5G in quelle aree e in quei paesi potranno essere portati servizi innovativi che interessano ambiti come la salute, la mobilità, la sicurezza, la prevenzione e la gestione delle emergenze che anche se non riusciranno completamente a colmare il gap con le città potrà dare nuovo impulso alla rivitalizzazione e al ripopolamento di quelle aree oggi a rischio di marginalizzazione. L’idea del precedente governo Gentiloni di iniziare la sperimentazione di queste tecnologie nelle aree interne oltre ad aver un indubbia valenza sociale dimostra una visione di lungo periodo del Paese che troppo spesso in politica in Italia viene sacrificata sull’altare delle “prossime elezioni”. Sarebbe stato più semplice partire dalle grandi città e avrebbe avuto più ritorno in termini di consenso elettorale iniziare la sperimentazione in città come Milano, Firenze o Napoli ma si rischiava una nuova divisione tra città metropolitane, competitive al massimo, e aree interne condannate a restare arretrate, invece la connessione ad alta velocità è un diritto di tutti i cittadini.
Siamo convinti che il 5G migliorerà la qualità di vita delle persone. Non a caso come Regione abbiamo avviato già da tempo iniziative in questa direzione come a esempio il protocollo d’intesa con Poste e Anci Lazio per potenziare i servizi per i piccoli comuni, in particolare quelli legati al sistema sanitario regionale, dando la possibilità ai cittadini di poter pagare presso gli uffici postali, ma anche di ricevere farmaci a domicilio: il 5g potrà essere rivoluzionario e alla lunga segnare un elemento di progresso e nella nostra provincia potrà rafforzare le vocazioni industriali esistenti, come la logistica, il farmaceutico o il settore delle pompe idrauliche, o supportarne di nuove. E’ necessario sin d’ora pensare a strumenti di welfare seri e al passo con i tempi, in grado di sostenere il reddito delle persone in difficoltà ma al tempo stesso capace di creare i presupposti per l’inserimento o il reinserimento nel mondo de lavoro con percorsi formativi orientati sulle necessità di chi il lavoro lo cerca e non su coloro che fanno da intermediari come nel caso del reddito di cittadinanza con i navigator. E’ necessario pensare a un cambio di atteggiamento nella formazione delle professionalità, partendo dal mondo della scuola ma anche in tutta quella variegata galassia di enti e aziende che dicono di preparare ai lavori del domani. Abbiamo davanti a noi grandissime opportunità, dobbiamo essere bravi e soprattutto pronti a far sì che siano a beneficio della maggioranza e non appannaggio di pochi.
E’ ormai scritto su tutte le pagine dei giornali che ci stiamo avviando verso una nuova generazione per la telefonia mobile (la Quinta e quindi 5G), che sarà però profondamente diversa da quelle precedenti (2G, 3G, 4G) in quanto non sarà caratterizzata solo da una netta crescita in termini di capacità ma potrà disporre di una serie di funzionalità che permetteranno l’accesso su un alto numero di frequenze radio e con un insieme molto ampio di antenne.
Ciò permetterà la connessione in ogni ambiente e soprattutto favorirà la connessione tra gli oggetti (Internet of Things, IoT) e con specifiche qualità trasmissive e con tutta una serie di iniziative che coinvolgeranno la sanità, l’industria, l’agricoltura, la mobilità, permettendo un funzionamento molto intelligente in tutti gli aspetti della nostra vita. Quindi il 5G sarà alla base dello sviluppo economico in molti settori e contribuirà alla crescita delle imprese. Tuttavia, come tutte le innovazioni, anche il 5G pone dei quesiti riguardanti innanzitutto l’inquinamento elettromagnetico e i riflessi sociali e psicologici che derivano da un mondo iperconnesso.
Per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico uno potrebbe esser portato a pensare che l’aumento delle frequenze e delle antenne porterà ad un aumento della potenza complessiva irradiata. Ebbene non è così perchè la trasmissione seguirà una serie di procedure intelligenti che permetteranno al segnale di essere indirizzato solo dove è necessario, in modo tale che la potenza complessiva sarà anche più bassa di quella attuale. Inoltre esistono già delle norme che non permettono agli operatori di superare delle soglie per quanto riguarda le potenze irradiate, e in Italia (Decreto Legislativo 133/2014, noto anche come Decreto “Sblocca Italia”, coordinato con la legge di conversione 164/2014) tali soglie sono tra le più basse nel mondo; Anche con le soglie utilizzate in altri Paesi, al momento non è stata ancora certificata alcuna correlazione tra l’insorgenza di alcuni problemi di salute e le onde elettromagnetiche utilizzate per le telecomunicazioni .
Occorre inoltre sottolineare che le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) effettuano in continuazione campagne di monitoraggio per verificare il rispetto delle soglie per le potenze trasmesse. Riguardo agli aspetti psicologici e sociali, per l’utilizzo intensivo del cellulare, è chiaro che il problema esiste, specialmente per gli adolescenti che sempre più vivono in uno stato di totale isolamento; tuttavia questo è un problema che riguarda la generalità delle connessioni Internet e poco cambia se il dispositivo si connette vi a radio o tramite una fibra ottica. Anzi se i ragazzi avessero solo la fibra come punto di accesso probabilmente non uscirebbero neanche più da casa. Anche per l’apprendimento il cellulare ha cambiato le modalità di studio, sicuramente ci ha abituato a scrivere in maniera meno rigorosa, con l’introduzione di tanti e spesso incomprensibili neologismi, ma anche ad un accesso alle informazioni assai veloce e forse non sempre attendibile.
E’ chiara quindi l’importanza di un controllo del flusso delle informazioni, argomento molto dibattuto e ancora non risolto. Vorrei comunque concludere sottolineando solo alcuni dei vantaggi che la telefonia mobile ci ha dato e che sicuramente ci offrirà in maniera ancora più vantaggiosa nel futuro, e cioè la possibilità di parlare con tutti, in ogni posto e situazione, stare vicino, anche se con la sola voce, ad una persona anziana, la possibilità di chiedere un soccorso, un consiglio in tempi rapidi o semplicemente percepire una sensazione di amore. Se guardiamo all’automobile, questa è certamente il mezzo che oggi è causa della maggior parte degli incidenti e dei decessi. Eppure nessuno dice che devono essere abolite, ciò che si può e si deve fare è l’introduzione di una serie di norme che rendano il trasporto più sicuro possibile, e sicuramente il 5G darà un grosso contributo in questo ambito sia sulla gestione del traffico che sulle “auto connesse”.
Dobbiamo avere fretta: le grandi imprese di telecomunicazione vogliono installare in tutto il mondo – in 1-2 anni, il 5G, la tecnologia di telecomunicazione di microwave di quinta generazione, da taluni considerata una vera e propria arma di controllo; sarà DAPPERTUTTO: in tutte le case, asili nidi, scuole etc.
E’ incredibile…. non ci sarà più un posto dove fuggire. Facciamo in modo invece che Orvinio resti un posto naturale, un’isola dove si può ancora vivere. Diciamo no al 5G e piuttosto cerchiamo di governare il più possibile le onde elettromagnetiche che già ci sono nell’aria e già danneggiano gli esseri viventi. Esistono alternative, come la rete di fibre ottiche, che da un lato non è meno veloce del 5G, e dall’altro è meno adatta a controllare la gente, e non produce danni!
“Nessuno si sente più davvero bene”, mi dice un vicino di casa qui ad Orvinio. Tutti sono stressati, nervosi, confusi – senza perspicacia e genuina gioia di vivere. Non abbiamo più la speranza, l’energia e i pensieri chiari. La gente si sente esaurita e senza potere, sembra non sappia cosa fare…
“I bambini non sembrano più interessati ad andare fuori a giocare”, dice una signora orviniese: stanno in casa con cellulare e computer – si rovinano le cellule nel corpo e divengono dipendenti. E con il 5G sarà ancora peggio. Bisogna far tornare i bambini nella natura e nella realtà. Basta con il wireless, bisogna imparare a pensare!
‘Non c’è futuro”, mi dice profondamente triste l’uomo che mi mette internet con cavi. Ci capiamo al volo. Ogni anno meno uccelli, insetti, fiori – e più torri di microwave, sorveglianze inutili, trasmettori, smart meters, e adesso il 5G. Lui mi consiglia di usare il cellulare il meno possibile e solo fuori casa. Meglio tornare al telefono di casa. Poi va via con un grande ramo di rose dal mio giardino.
DOBBIAMO INFORMARCI
Grazie alla tecnologia del 5G tutti quanti saremo connessi all’interno della medesima rete: un unico sistema nervoso globale! Già con la tecnologia del 4G ci sono però problemi enormi: le donne incinte e i bambini sono i più vulnerabili. In tutto il mondo più bambini prendono sonniferi e antineuralgici. Aumentano l’autismo e l’ADHD, i tumori nel cervello, leucemia e tanti altre malattie – addirittura i suicidi infantili. L’industria di telecomunicazioni e l’elite economica mondiale stanno cambiando il mondo sopra le nostre teste. Senza fornire informazioni e senza chiedere il permesso ci usano come cavie umane. Per esempio Pozzaglia, che è quasi costretta ad accettare 5G, anche se hanno detto no]. Non fanno ricerca, non ascoltano la gente. Ci mentono perchè sperano di guadagnare miliardi di euro.
Ma esiste anche la ricerca indipendente. Per esempio Martin L. Pall, professore emerito americano di biochimica: lui ha mandato all’ l’Unione Europea [e politici di tutto il mondo] una petizione e appello da 247 ricercatori scientifici e medici proveniente da più di 40 paesi per fermare il 5G. Si consiglia che il rollout 5G venga bloccato, perchè la tecnologia wireless e i campi elettromagnetici si stanno dimostrando dannosi per l’uomo e per l’ambiente. Il wireless ha effetti nocivi su piante e animali. Tra i gravi rischi per la salute si segnalano: L’aumento del rischio di cancro, tumore nel cervello e morte, danni sul cuore [aritmicità cardiaca, spesso associata con morte cardiaca subitanea, per esempio di giovani atlete; stress cellulare [cambiamenti della cellula e della comunicazione tra le cellule]; aumento dei radicali liberi nocivi [causa di quasi tutte le malattie croniche]; danni sul feto/embrione [tantissimi bambini nasceranno con difetti]; danni sul DNA; danni sulla struttura e funzione nel sistema riproduttivo; infertilità maschile [diminuzione del 50% di spermatozoi]; perdita di memoria; disturbi neurologici; il morbo di Alzheimer; impatti negativi sul benessere generale; Electro Hyper Sensibilit· [DHS]. Una parte crescente delle popolazioni soffre già di questo [mal di testa, difficoltà di concentrazione, ‘nebbia’ cerebrale, disturbi del sonno, depressione, mancanza di energia, stanchezza, nausea etc.]
Ricordiamo: – Il principio di precauzione (UNESCO], adottato della UE nel 2005 – la Risoluzione 1815 dal Consiglio d’Europa nel 2011 – il Codice di Norimberga 1949 – la Convenzione Europea dei diritti umani, articoli 2 e 8 – la Convenzione di UN dei bambini, articolo 24 – La commissione di Bern, articolo 4, 1 e 2
I partecipanti all’appello richiedono tra l’altro all’UE di: – Prendere ogni misura ragionevole per fermare l’espansione 5G … per proteggere i cittadini, sopratutto i neonati, bambini e donne incinte; – Favorire e introdurre le telecomunicazioni digitali dei cavi basata invece che wireless.
“Non dobbiamo usare i nostri cittadini come cavie umane, la cui salute si possa vendereper un profitto”.
Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi suburbicaria di Palestrina mons. Mauro Parmeggiani, vescovo di Tivoli (della cui diocesi fa parte Orvinio) e finora amministratore apostolico di Palestrina, unendo “in persona Episcopi” le diocesi di Tivoli e di Palestrina. Ne dà notizia la sala stampa vaticana, riportando anche alcune note biografiche di mons. Parmeggiani: è nato il 5 luglio 1961 a Reggio Emilia, nell’omonima provincia, diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. Ha svolto gli studi ecclesiastici presso lo studio teologico interdiocesano di Reggio Emilia. È stato ordinato sacerdote il 18 ottobre 1985 per la diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. È stato poi incardinato nella diocesi di Roma il 25 novembre 1996. È stato vice-assistente diocesano dell’Azione Cattolica di Reggio Emilia-Guastalla per il settore giovani e insegnante di religione presso l’Istituto tecnico industriale “L. Nobili” di Reggio Emilia (1985-1986).
È stato poi segretario particolare del card. Ruini, dapprima come aiutante di studio della segreteria generale della Conferenza episcopale italiana (1986-1991), successivamente presso il Vicariato di Roma (1991-2003). Dal 1993 al 2008 è stato direttore del Servizio per la pastorale giovanile del Vicariato di Roma. Il 17 ottobre 2003 è divenuto prelato segretario del Vicariato di Roma e il 1° novembre successivo delegato del card. vicario per la Consulta delle aggregazioni laicali. È stato, inoltre: membro del Comitato romano per la preparazione del Grande Giubileo del 2000 e del Comitato nazionale per la preparazione e celebrazione della Giornata mondiale della gioventù del 2000, incaricato del Settore pastorale giovanile nella Commissione per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale laziale. È stato anche membro del Consiglio di amministrazione dell’Opera romana per la preservazione della fede e per la provvista di nuove chiese in Roma e presidente della Fondazione “Mons. Placido Nicotra”. Il 3 luglio 2008 è stato nominato vescovo di Tivoli e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 20 settembre successivo.
In seno alla Conferenza episcopale del Lazio è incaricato della Commissione regionale famiglia, vita e giovani dal 2010. Dal 2012, per incarico del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana, è assistente ecclesiastico della Confederazione delle Confraternite delle diocesi d’Italia. Il 31 luglio 2017 è stato nominato amministratore apostolico della diocesi Suburbicaria di Palestrina.
Abbiamo visto come negli anni ’30 il castello di Orvinio fosse stato oggetto di una serie di restauri e di operazioni di rifacimenti che lo portarono ad essere conosciuto in maniera sostanziale. All’interno di questo discorso fa parte l’articolo che fu pubblicato sulla rivista “Latina Gens”, nel terzo fascicolo del mese di marzo 1936 a firma di Oreste Tarquinio Locchi, dove vengono pubblicate una serie di bellissime fotografie in bianco e nero del castello appena restaurato, ma anche di Santa Maria del Piano. Nell’articolo (consultabile sull’emeroteca della Biblioteca Nazionale) è possibile leggere come nel borgo fosse stato istituito un servizio per i fanciulli della città di Roma che si venivano ad ossigenare e ricreare al fresco del clima del paese, lontano dai rumori e dalla folla che anche all’epoca caratterizzava la Capitale. Nell’articolo era presente la nuova capacità del borgo di attrarre un popolo vacanziero proveniente da Roma, all’epoca (siamo negli anni ’30) cominciava a crearsi il famoso mercato del turismo di massa. Da quello che possiamo leggere c’era nella mentalità degli orviniesi dell’epoca la volontà di promuovere il proprio borgo attraverso pubblicazioni come questa, con foto e scritti di qualità.
Si presenta al provino e il brano conquista subito gli esperti, da quel momento si accendono i riflettori su Federico per due serate magiche come le definisce lui, quella del 17 e 24 luglio dove di gente nella più frequentata discoteca della capitale, il NICE , ce ne stava veramente tanta.
È infatti un luogo frequentatissimo da giovani e tra i più belli che la capitale offre nel periodo estivo. Il NICE TALENT SHOW nasce da un idea della regista e fondatrice della WEBTV CASTCHANNELTV NICOLETTA COSTANTINO e da ANDREA BARBERIS PAOLO DI STEFANO e STEFANO VOLPE organizzatori del club. L’idea di Nicoletta era proprio quella di portare un format come quello del CLUB TALENT SCOUT che curava negli anni novanta a Roma e dove hanno mosso i primi passi attori e cantanti fra i quali Max Tortora , Teo Mammucari , Dado , Gege’ Telesforo e tanti altri .. diversi gli artisti che si sono esibiti e tra gli autori ad avere successo è stato proprio Federico.
‘Ti aspetterò lo stesso’ è un brano autobiografico del giovane di Orvinio dal testo malinconico ma ‘frizzante’ nel ritornello così lo definiscono i critici esperti musicali, una canzone che fa riflettere e che ha una ritmica estiva che da subito rimane nella mente. È andata proprio così tanto che dopo il successo della prima serata il cantante è tornato la volta successiva con lo stesso brano e ancora più carico di aspettative ed emozioni. Federico con ‘TI ASPETTERÒ LO STESSO ‘ ha voluto riportare in musica una vera e propria lettera ed è tra L altro la prima volta che oltre al testo totalmente autobiografico si cimenta nella scrittura della musica. Tantissimi i complimenti da parte del pubblico e una grande soddisfazione per il ragazzo che tiene molto a questo suo ultimo singolo .
Un brano che in questi mesi ha però riscontrato successo anche in diversi passaggi radiofonici su ‘Radio Crik Crok ‘ seguitissima dai giovani che ha ospitato Federico nel programma mattutino condotto da Danilo Brugia e Patrizio Paciullo e quello su ‘Radio Italia anni 60’ nel programma ‘Discoring ‘con Max Leoni e Piergiorgio Cirillo in onda tutti i weekend dalle 21, dove il giovane è poi tornato non solo per promuovere il suo nuovo singolo ma come opinionista di una puntata dedicata a Laura Pausini . Presto ‘ Ti aspetterò lo stesso’ uscirà sulle piattaforme digitali e alla domanda :’cosa ti aspetti dalla musica ? ‘ il giovane di Orvinio risponde:’ il canto e’ per me valvola di sfogo, la prendo come un gioco e rimango con i piedi per terra, è sicuramente un mondo difficile ma l’importante è sempre inseguire i propri sogni e coltivare le proprie passioni al meglio poi chissà …! E’ certo che TI ASPETTERÒ LO STESSO ‘ è un altro piccolo capolavoro. Ma in passato Federico conta anche altri inediti sempre autobiografici ‘ SOGNO ‘ ‘ UN MONDO DA SCOPRIRE ‘ ‘UNA STORIA SCRITTA ACCANTO A TE ‘ ‘ DI NOTTE ‘ e tante partecipazioni a manifestazioni e concorsi canori …ora si gode questo momento e ci tiene tanto a ringraziare Nicoletta Costantino per questa grande opportunità, gli organizzatori e il pubblico che gli ha regalato soddisfazione e tanti complimenti una volta sceso dal palco.
Nella primavera del 1877 entrava in servizio nel birrificio Dreher, nell’allora austro-ungarica Trieste, la prima macchina frigorifera industriale Linde. Ben pochi potevano immaginare che quello che sembrava allora un miracolo della termodinamica industriale sarebbe diventato nel volgere di un secolo un banale, e a volte fastidioso, ronzio, quello del compressore di un qualunque frigorifero delle nostre cucine.
Carl von Linde, geniale ingegnere ed imprenditore tedesco, calato sulla scena come un vero deus ex machina, aveva inaspettatamente chiuso il sipario su una plurisecolare e lucrativa attività, quella del commercio della neve, fiorente soprattutto nell’area dei Lucretili. Di questo commercio, che arricchiva lo Stato Pontificio, restano solo sparute tracce, che il tempo si affanna a cancellare: una manciata di pozzi per la raccolta e la conservazione della neve, ormai ricolmi di detriti, sul crinale del Monte Pellecchia (la cui neve era reputata, e di gran lunga, la migliore), una strada della Neve che sopravvive ormai solo nella toponomastica locale e che assicurava il trasporto della neve fino a Roma, passando per Palombara, l’ormai dimenticato culto della Madonna della Neve, a Monteflavio e a Rocca Priora, sui Colli Albani e la celebre neviera di Papa Giulio III, a villa Giulia. Ma se il commercio della neve ha in realtà radici medio-orientali antichissime, che si perdono nella notte dei tempi, è con gli antichi romani che ha assunto una dimensione ineguagliata di lusso e cupidigia.
E chi meglio di Nerone potrebbe introdurci nel folle mondo del lusso romano? Lasciamo Svetonio descriverci gli ultimi momenti di vita del celebre imperatore: Scalzo, con una sola tunica addosso, Nerone, ancora terrorizzato dalle grida dei pretoriani che giurano fedeltà a Galba nei Castra Praetoria, accanto ai quali è passato al galoppo, raggiunge, ansimante, la villa di campagna del suo fedele liberto Faonte, alle porte di Roma. Avanzando tra i rovi a quattro zampe, arso dalla sete, raccoglie nel cavo della mano l’acqua putrida di una pozzanghera e la beve, rassegnato alla morte ormai prossima, esclamando ironicamente la celebre frase: “Haec est Neronis decocta!”.
Nerone in effetti si vantava di avere inventato la cosiddetta acqua “decotta”, cioè acqua fatta bollire e poi raffreddata ponendo il contenitore nella neve fresca. I suoi vizi non si limitavano certo solo a questo. Svetonio ci dice che Nerone amava intervallare gli interminabili banchetti estivi che si protraevano da mezzogiorno a mezzanotte con rinvigorenti nuotate in piscine fatte raffreddare con la neve. E non possiamo allora non pensare a Seneca, il celebre precettore di Nerone, che certamente non approvava gli eccessi del suo allievo. Nelle sue Questioni Naturali Seneca si lamenta apertamente del commercio della neve: il lusso, ci dice, non contento che l’acqua fosse gratuitamente disponibile per tutti, l’ha voluta trasformare in merce rara. Ormai nessuna acqua corrente appare fresca a sufficienza per raffreddare gli stomaci arsi dalle indigestioni quotidiane.
E non bastando piu’ la neve ora si cerca il ghiaccio, estratto dal fondo delle neviere, il cui prezzo, oggetto di folli speculazioni, varia in continuazione! E cosa avrebbero mai fatto gli integerrimi Spartani, che avevano cacciato via i profumieri, accusati di sprecare prezioso olio, se avessero visto a Roma tutte queste officine della neve e questo incessante viavai di bestie da soma adibite al trasporto di un ghiaccio il cui gusto era, tra l’altro, irrimediabilmente guastato dalla paglia utilizzata per la sua conservazione? Ma le invettive dello stoico precettore neroniano non servirono a molto. Qualche decina di anni dopo, Marziale, nei suoi epigrammi, continua a fustigare, con la sua ineguagliabile ironia, il vizio della neve. Se esorta il suo amico Alcino a sciogliere della neve conservata per l’estate nel vino che si apprestano a bere, in un altro epigramma consiglia di non mescolare il pessimo vino di Marsiglia con acqua fresca di neve perché costerebbe ben piu’ l’acqua del vino e lo stesso vale per i mediocri vini spoletini o marsicani.
Ad un altro amico dice di volere regalare per la festa dei Saturnali una fiaschetta di acqua decotta, che considera una geniale invenzione, in cambio di un dono ben piu’ pregiato e biasima poi il medico che gli proibisce, per motivi di salute, di bere la neve augurando a chi lo invidia di bere acqua calda! È vero che in generale tutti i medici romani reputano malsano bere la neve, tutti tranne uno, secondo Marco T. Varrone. Il dotto reatino ci dice infatti che il medico ed amico di Cicerone, Asclepiade di Prusa, era soprannominato “frigida danda” per la sua abitudine di prescrivere ai suoi pazienti vino ed acqua fredda di neve. Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale non è dello stesso avviso, reputando malsana l’abitudine di bere la neve, il ghiaccio e soprattutto la grandine e bacchetta i ricchi che si ostinano a farlo, trasformando quelli che un tempo erano flagelli delle montagne in peccati di gola. Il nipote, Plinio il Giovane, non deve avere dato molto retta ai consigli del celebre zio perché parecchi anni dopo lo troviamo molto irritato dal fatto che il suo amico Setticio Claro, potente prefetto del Pretorio, non si sia presentato alla cena a cui era stato invitato, facendogli sprecare la neve che era stata imbandita sui tavoli. Il piu’ bel racconto è però quello di Aulo Gellio che in una imprecisata rovente estate romana della seconda metà del II secolo d.C. si trova in una villa di un ricco amico nei pressi di Tivoli. Immersi nelle loro discussioni filosofiche, sorseggiano grandi quantità di neve al punto che un loro amico, seguace di Aristotele, con un libro del celebre Stagirita alla mano, si scaglia indignato contro questo malsano vizio.
E cita l’inoppugnabile argomentazione di Aristotele: quando il ghiaccio si scioglie si riduce di volume e l’acqua di fusione, pesante, risulta dunque privata della sua parte piu’ eterea e benefica. Aulo ci assicura di essere stato così convinto che smise immediatamente di bere neve ma altrettanto non fecero i suoi amici. A non molta distanza dalla villa di cui ci parla Aulo Gellio sorgeva quella, imponente, fatta erigere dal Divo Adriano, suo rifugio prediletto e nei cui criptoportici sotterranei si celavano immense neviere. Un pensiero finale va dunque all’imperatore, magnificamente descritto da Marguerite Yourcenar, nelle sue celebri memorie. Inquieto per la sua salute declinante e disteso su un triclinio del sontuoso ninfeo del Canopo, lo sorprendiamo, in un afoso tramonto agostano, a sorseggiare acqua decotta in un raffinato calice e ad assaporare una deliziosa, croccante insalata di pollo all’apiciana, raffreddata con la neve del “Lucretilis Mons”. Il suo sguardo pensieroso rimbalza sull’immobile specchio d’acqua del Canopo e si sofferma, esitante, sulle bianche nuvole sovrastanti i non lontani Lucretili. Un sorriso a stento trattenuto affiora all’improvviso sul suo volto barbuto, i Lucretili e la loro candida neve regalano ancora un effimero, forse ultimo, momento di gioia all’anima vagula blandula, sua fedele compagna di vita.
Nuove prospettive per un Comune avanzato e in ordine con lo Sviluppo Sostenibile.
fig.1
La sicurezza delle opere di Ingegneria richiede un controllo senza soluzione di continuità delle infrastrutture. Esiste dunque la reale necessità, un bisogno reale, su scala internazionale, di strumenti che permettano la sorveglianza automatica e permanente all’interno delle strutture stesse, fornendo risultati di grande precisione e buona risoluzione spaziale. In quest’ottica, il concetto di struttura intelligente (dall’inglese smart structure) ha già provato la sua efficacia nel monitoraggio strutturale di importanti opere di ingegneria. Queste “strutture edilizie“ sono provviste di una rete interna di sensori a fibre ottiche che permettono la sorveglianza di diversi parametri, critici per la sicurezza ed utili per una pianificazione efficace degli interventi di manutenzionee quant’altro Il monitoraggio strutturale ha assunto negli ultimi anni una sempre maggiore importanza anche in virtù delle sopravvenute disposizioni normative (Norme tecniche per le Costruzioni 2018 – D.M. 17 gennaio 2019. Nel Comune di Orvinio (RI) è stato installato un sistema di monitoraggio mediante sensori a fibra ottica e di temperatura sul cordolo in c.a. di nuova realizzazione ubicato in aderenza al muraglione di contenimento contiguo al castello di Malvezzi.
fig.2
Un intervento quello che è stato fatto sul cantiere MURAGLIONE , fig.1, di via della passeggiata dove si sono impiegate tecnologie avanzate e di di ultima generazione in ordine con lo Sviluppo Sostenibile. Il progetto di recupero statico e la Direzione dei Lavori e Scientifica è stata dell’ Ing. Diego Dell’Erba con la collaborazione della Università della Calabria, la Sismlab Srl ( spin-off della Università della Calabria ), del Prof. Ing. Giacinto Porco ( docente della Università della Calabria e Direttore Scientifico di Sismlab Srl ) dell’Ing. Nucleare Corrado A. kropp ex ENEA, consulente scientifico della Sismlab Srl e infine con la partecipazione di ricercatori di importanti enti pubblici italiani e stranieri.ORVINIO ha voluto dare un segnale forte di come si progetta e si fa manutenzione delle opere di ingegneria in Ordine con lo Sviluppo Sostenibile, tra questi ricordiamo il Concorso di Idee sulla realizzazione di una pista ciclabile che circumnaviga la città e che è all’attenzione degli organi preposti al finanziamento dell’opera. Fig. 2
fig.3
Da ultimo il Comune sta studiando un progetto generale che riguardi tutta la comunità e che metta al centro dell’attenzione le necessità reali della persone. fig. 3.